Bruno Vespa: “Follia social: puoi scrivere Adolf e Stalin ma non Hitler e Mussolini”
Il nuovo libro di Bruno Vespa si Intitola “Hitler e Mussolini”. È già arrivato in libreria e il giornalista sta cercando di farne promozione attraverso i social network. Non è un libro dove si esaltano i due dittatori, ma anzi un libro dove non si fanno sconti ai due regimi totalitari. Ma su tutti i social occidentali vige una ferrea censura. E sì, avete capito bene, una ferrea censura peggiore di quella che c’era durante i primi anni del ‘900 quando l’Europa era in gran parte sotto regimi totalitari. Vi chiederete come è possibile che nel 2024 ci sia censura. Chi utilizza i social per lavoro come Bruno Vespa e il sottoscritto sa benissimo che non si può esprimere la propria opinione su tutti gli argomenti, ma le opinioni e gli argomenti trattati devono sottostare a delle regole che di fatto sono una censura. Non si può parlare di molti argomenti né bene né male, come ad esempio è vietato parlare di droghe, vaccini, LGBT, aborto, terrorismo, guerre, armi, e sicuramente me ne sto dimenticando molti altri di argomenti. La giustificazione che i social danno, è che gli inserzionisti cioè quelli che mettono le pubblicità, non gradiscono che si parli di quegli argomenti. Allora perché per la televisione tutto questo non esiste? La risposta è che non esiste neanche sui social e che sono tutte scuse per applicare una censura dettata esclusivamente dai proprietari dei social, che sono aziende statali. Pertanto una censura non applicata dai governi come in passato, ma applicata da aziende private, dove gli imprenditori, miliardari, si ergono a censori e moralisti secondo il loro metro di giudizio e i loro valori personali.
Bruno Vespa racconta che con il suo libro “Hitler e Mussolini” non ha potuto sui social scrivere il nome del suo libro e nemmeno caricarne una foto, perché sono parole vietate dalla censura, che vengono intercettate prontamente dall’algoritmo. Dopo che l’algoritmo ha intercettato le parole vietate partono le ammonizioni e le non troppo celate minacce del tipo “se continui a violare la policy sella piattaforma potremmo cancellare il tuo account” Così il giornalista al posto di parlare di Hitler deve dire Adolf e al posto di Mussolini deve dire Benito.
Lo capisco benissimo infatti anch’io devo fare esattamente come fa lui per sopravvivere sulle varie piattaforme e non essere cancellato senza appello. E vi devo dire che sono diventato uno dei massimi esperti nell’ingannare l’algoritmo con sinonimi e stratagemmi vari. Per esempio se devo parlare di droghe dico “utilizzo di sostanze”, invece di guerre scrivo “conflitti internazionali”, al posto di aborto scrivo e dico “legge 194”, al posto di fascisti dico “nostalgici”, al posto delle parole gay o lesbiche scrivo “persone con gusti differenti” eccetera..
Bruno Vespa sconsolato racconta che “così non si può più parlare dei fatti storici”, e si chiede se siamo di fronte ad una delle storture dell’ideologia woke. Gli rispondo io: direi di no, perché queste censure sono nate molto prima dell’arrivo del woke, si tratta di censure applicate da aziende private che hanno insieme ad altre l’oligopolio dei social.
Che schifezza professore… A proposito, i rom non si possono più definire zingari, altrimenti in Toscana ti becchi 50€ di multa, mentre negli anni 80 questo era permesso…